Maria Vinella
Corrispondenze
2011
Con sensata efficacia, si intitola “Corrispondenze” il dialogo visivo a quattro mani messo in atto da Teresa Pollidori e Salvatore Giunta presso l’Art Studio Françoise Calcagno di Venezia. Entrambi operanti in area romana, gli artisti svelano l’appartenenza linguistica ad un contesto creativo assai simile, per quanto animato da logiche differenti.
Teresa Pollidori ha – da sempre – individuato quale tema conduttore della proprio percorso di analisi estetica la spazialità costruita geometricamente, analizzata nelle sue forme pulite ed essenziali. Lo spazio è, per l’artista, piattaforma emotiva sulla quale l’immagine cresce e assume corpo sensibile; così, scorci e prospettive, vuoti e pieni, superfici e volumi, ‘accolti’ e ‘salvati’ in ampie visioni e in sintetici dettagli cambiano – mediante l’obiettivo fotografico – sostanza fisica ed evolvono dall’essere universi del reale all’essere universi del pensiero.
Salvatore Giunta dopo i sapienti sperimentalismi connessi ai vari linguaggi (scultura, installazione, video), in quest’ultimo periodo ha finalizzato la propria ricerca sull’elemento segnico che, attraversando la plasticità volumetrica delle forme, diviene traccia fisica in costante tensione dinamica, scrittura formale primaria che definisce lo spazio con le sue matrici mentali.
Nell’intrigante e prezioso dialogo veneziano, i due autori presentano sei lavori ciascuno, quadrangolari, accostati in dittici generatori di un incontro tra fotografia e incisioni o meglio ‘compressioni’ (tecniche miste su base calcografica).
Come scrive nel testo critico Ivana D’Agostino, nel confronto tra le emozioni visive e le sensazioni percettive, le composizioni lineari e i contrasti luminosi, le opere trovano adeguata corrispondenza l’una nell’altra. “Un risultato raffinato e cerebrale costituito di sinfonie di grigi, di stacchi netti tra chiari e scuri, di equilibri lineari all’improvviso dissonanti che rendono quasi impercettibile la soglia di passaggio tra le foto della Pollidori e le incisioni di Giunta”.
Difatti, nei dittici concepiti con meditato rigore concettuale, coerentemente si fronteggiano le rigorose geometrie di interni architettonici, le sequenze verticali di grate e finestre, le ombre spigolose di volumi squadrati, i ritmi regolari della luce (nelle fotografie) e gli equilibri instabili, i mobili campi visivi, le dinamiche astrazioni figurali, i misteriosi scarti di diagonali veloci e di piccole sfere indecise (nelle compressioni).
Rettangoli oscuri e profondi come buchi di finestre, da un lato. Finestre spalancate come rettangoli oscuri che ingoiano la luce solare, dall’altro. E, ancora, superfici chiare e nette – o all’opposto – intonaco pulito e muri bianchi.
L’ambito del mondo della vita e l’ambito mentale si fondono e si con-fondono, ricordandoci che – in ogni caso – sono i nostri occhi interiori a generare il mondo.
in Segno, n.234, Gen./feb. 2011