Bruna Condoleo
Collisioni_2007
L’arte di Salvatore Giunta, che si tratti indifferentemente di pittura, disegno o scultura, tende alla maggiore purezza possibile delle forme: i ritmi dinamici, articolati in equilibri precari, richiamano evoluzioni siderali da cui, malgrado il rigore e la chiarezza compositivi, non è esente il concetto di casualità. Triangoli, quadrati e trapezi in collisione cinetica, ellissi e cerchi s’intrecciano con leggerezza, si attraggono e dialogano grazie ad eleganti accordi tonali o duellano per mezzo di opposte cromie, proiezioni simboliche delle dinamiche esistenziali. Senza mai ricorrere alla figurazione, il lirismo metafisico di Giunta attinge alla natura primordiale delle forme, liberate da ogni sovrastruttura naturalistica ed iconica; egli predilige, infatti, i linguaggi geometrici che sono alla base dell’arte dei suoi maestri ideali: Cézanne, Arp, Brancusi, Mondrian. Il quadro è per l’artista un apparato ordinatore degli elementi formali nello spazio, ma, a differenza di tanta arte non oggettiva, dalle ricerche cinetiche del primo ‘900 alle esperienze del gruppo francese di Nuova Pittura, degli anni ’70, il suo personalissimo linguaggio geometrico non impedisce proiezioni mentali o divagazioni oniriche, anzi riflette implicitamente altre dimensioni psichiche ed emotive. Vicino alle estetiche di artisti italiani postconcettuali, come Ettore Spalletti, o di pittori come Carlo Battaglia ed Elio Marchegiani, egli indaga sul rapporto spazio/tempo; le sue creazioni scultoree, soprattutto, forme dinamicamente sospese al limite dell’azzardo, vivono una dimensione di incessante divenire, mentre lo spazio-luce è diaframma tra finito ed infinito. La materia, trattata con tecniche che mutano a seconda delle qualità filtranti o rifrangenti delle superfici, è valorizzata al meglio: le proprietà fisiche dei materiali usati, i colori e le vibrazioni delle forme divengono elementi fondamentali di un lavoro artigianale che trasforma l’opera in una diafana superficie in cui è sempre possibile leggere in trasparenza la storia interiore dell’artista. La luce, elemento ordinatore dei volumi, mutevoli come l’esistenza, è il risultato di un opportuno dosaggio cromatico che stabilisce tra le forme relazioni tonali, metriche, strutturali e percettive assieme.
Nella mostra “Collisioni”- collages ed alcune originali sculture - i riquadri cartacei fanno parte di una sequenza seriale in cui ogni struttura assume una più esatta identità linguistica dalla relazione con le altre unità. L’artista sceglie un’idea di partenza, poi elabora i suoi lavori in conseguenza di quella ideazione, sviluppando le potenzialità delle interazioni spaziali e cromatiche, calcolate sulla base di una progressione musicale e sulla diversa grammatura del colore. La carta a mano è materia sovrana: ciascun elemento formale viene definito grazie al suo contrario e si manifesta nel momento in cui sta opponendosi od integrandosi nell’altro. Carte ruvide e levigate, dispiegando una eccezionale quanto imprevedibile vocazione scultorea, così come legni, bronzi, ferro o alluminio, materiali capaci di reagire differentemente agli stimoli luminosi, sono i protagonisti di un linguaggio minimale che gioca sui lievi contrasti, sull’opacità e sui riflessi, anche su impercettibili scarti formali. L’estro razionale permette all’artista di sfuggire all’insidia della monotonia: positivo e negativo, vuoto e pieno rimbalzano, si oppongono, invertono le posizioni originarie, giocando cineticamente con le forme, creando un prima ed un poi di un racconto poetico in cui il silenzio diviene la nuova frontiera dell’infinito.
Ut pictura poësis: nella cristallina musicalità visiva dell’arte di Giunta, mai scissa dall’enigmaticità delle allusioni simboliche, possono riconoscersi assonanze con i ritmi della poesia; del resto da sempre l’esperienza dell’artista sconfina verso orizzonti semanticamente più vasti, superando codici, tecniche e procedimenti canonici dei diversi linguaggi artistici e testimoniando la volontà di una comunicativa polisensoriale.
Se rigore e lirismo, inventiva e metodo sono principi che spesso risultano tra loro in contrasto dialettico, in lui, come accade in pochi altri artisti dediti all’astrazione (in Luigi Veronesi, ad esempio), sono termini antitetici che sanno amalgamarsi in limpide visioni. Ripetizioni, riprese e variazioni sul “tema” organizzano il vuoto in giochi formali ricchi di compressa energia; segni come suoni s’intrecciano in melodiose configurazioni dove sottili equilibri grafico-volumetrici, ottenuti grazie a sofisticati bilanciamenti, suggeriscono analogie con altre esperienze sensoriali e tattili e permettono di immergersi nei ritmi silenziosi della mente.
Rifiutando da sempre la banalità del quotidiano, l’artista sorvola con leggerezza poetica il mondo reale per addentrarsi nei significati più riposti della coscienza, sostenuto da una classicità intrinseca che proviene dal proprio bagaglio culturale e genetico. Egli sembra assente dalla sua opera, risultato perfetto ed alchemico di materia-forma-spazio-luce, ma non è così: il colore mostra la squisita capacità pittorica negli accostamenti raffinati di tonalità sommesse e calibrate ed i movimenti delle strutture, in bilico tra stabilità e dinamismo, sono lo specchio segreto della sensibilità dell’artista e suggeriscono i lievi turbamenti dell’anima.
Nelle opere esposte in Collisioni Giunta ha inteso privilegiare la bipolarità del bianco e del nero, ma le tonalità dei bianchi si moltiplicano ed il nero, attraverso il grigio, sa graduare la sua apparente opacità: i sottili cambiamenti percettivi, suggeriti dai ritmi rallentati dei percorsi lineari, sollecitano il pensiero producendo un continuum di sensazioni ottiche ed emotive.
“Saper dipingere- ha detto il pittore parigino Gérard Garouste- è prima di tutto saper prendere coscienza dei propri limiti e delle proprie debolezze e possedere la follia di andare oltre”. Se ciò è vero, l’artista, al di là di farraginose sperimentazioni, trova il suo altrove in questa dimensione di rarefatta levità formale, lontana dalle angosce esistenziali, evocatrice, semmai, di aure sospese e di tenere nostalgie.
Di contro al disordine, alla frantumazione, al convulso peregrinare del nostro tempo, Giunta fa ricorso ad una razionalità geometrica, vivificata dall’armonioso flusso di forme, che testimoniano con i loro rimandi metaforici un’alternativa estetica alla caotica volgarità del presente. In una metafisica del fare e del contemplare, le sue creazioni sanno imporsi quali appropriati stimoli di rigenerazione psicologica, offrendo l’immagine essenziale e disadorna della positività dell’essere.
in Collisions, Prentazione della mostra, Galerie Satellite, Parigi, a cura di B. Condoleo
Salvatore Giunta: poetica del segno_2010
Nel panorama dell’arte contemporanea s’inserisce con forza il ricco e stimolante percorso artistico di Salvatore Giunta, sperimentatore e creatore di forme innovative che gli hanno permesso di tracciare un originale iter professionale. La ricerca continua di soluzioni estetiche è stata per Giunta, artista meditativo e razionalmente controllato, il feel rouge che ha coordinato più di 40 anni di attività da quando, tra il ’65 e il ’70, ancora giovanissimo inventava sculture in cemento, volumi essenziali, totemici, dal sapore primitivo, in cui la solidità della forma geometrica rappresentava una primaria esigenza espressiva. Da allora, attraverso svariati momenti creativi, nei quali l’imput poteva nascere dai più diversi motivi occasionali e spesso dalla frequentazione con il mondo della poesia, l’indagine dell’artista non ha conosciuto limiti, spaziando dalla scultura alla pittura, dalla grafica alla scenografia, dai progetti ambientali ai preziosi “libri d’artista”, in cui le doti di un’immaginazione fervida hanno permesso l’utilizzo di materiali sempre più inconsueti e imprevedibili (reti metalliche, piume d’uccello, acqua..). La poliedrica personalità dell’Artista si è incentrata via via su di un crescente interesse per il segno, che lo ha portato a lasciare in secondo piano l’aspetto plastico delle forme per inoltrarsi nelle molteplici vicende della linea e delle sue evoluzioni nello spazio. L’amore per la linea e per le sue melodiose traiettorie ha fatto sì che dalla sua arte si disperdesse tutto ciò che “pesa” e lega alla materia impedendo il “volo” delle forme nell’infinito: da questa matura esigenza nasce la scelta della estrema leggerezza dei materiali ed il gusto dei giochi lineari in perenne tensione nello spazio.
Le opere di Giunta non sono il risultato dell’astrazione di forme naturali, sono esse stesse una realtà nuova, elementi nati dalla mente dell’Artista che crea svincolato dal contingente, sospinto dalla ricerca di una melodia universale, che egli rende tangibile nelle linee danzanti nello spazio, nelle sfere fluttuanti o in caduta frenata, nelle curve delle forme che s’intersecano nel vuoto cosmico. Molte le personalità che hanno interessato Giunta durante la sua formazione: scultori come Giacometti, Brancusi o Moore, pittori come Kandinski, Hartung o Fautrier. Nel retroterra culturale dell’Artista sono rintracciabili le esperienze del costruttivismo e del suprematismo russo, una linea ideale che collega Malevitch, pittore dell’assoluto, a Moholy Nagy ed a Naum Gabo, e che giunge all’arte di Luigi Veronesi, alle cadenze spaziali di Gianni Monnet, alla geometria inventiva di Bruno Munari. Tuttavia anche i legami artistici e di metodo con Melotti, Staccioli, Venet e Somaini non indicano l’appartenenza del suo originale stilema all’ambito di un preciso movimento artistico; il suo concretismo geometrico non può essere spiegato sic et sempliciter con la predilezione di forme matematiche e di soluzioni scientifiche, né nasce da una logica eminentemente intellettualistica. Esso è l’espressione di un bisogno di estrema sintesi formale e contenutistica che, nella chiara e dinamica disposizione delle linee nello spazio, traduce il concetto di un ordine sotteso alle forme e alla natura, una sorta di musicalità intrinseca alle cose e custodita nella profondità della mente. Da ciò la vicinanza naturale alla poesia, a quell’indistinto lirico sentire da cui sgorga l’ispirazione poetica, la più ineffabile, ma anche la più “concreta” verità umana. Il sodalizio con molti poeti contemporanei, con cui Giunta collabora spesso, arricchendo d’immagini allusive i loro testi o proponendo esperienze comuni, è la testimonianza della ricerca di un’arte totale (il sogno delle avanguardie!) che coinvolga in un’estetica comune arte figurativa e non, musica e letteratura, senza preconcetti né barriere estetiche.
In ragione di ciò, malgrado il rigore strutturale e compositivo contraddistingua il morfema di Giunta, esso non impedisce ad un lirismo implicito di innervare i suoi lavori, senza vacui sentimentalismi; la conquista di un’armonia d’insieme, ottenuta con cadenze ritmiche e sensibili accostamenti cromatici, è per l’Artista un valore fondamentale ed una finalità specifica. In uno dei suoi video, presente in mostra, dal titolo “Divertissement dinamique”, le composizioni lineari prendono magicamente vita sulla base di un testo musicale, “Exotic song”, composto da Nicola Cisternino: si generano così dinamici mutamenti, slittamenti, evoluzioni spaziali, vere e proprie orchestrazioni di segni. I precari equilibri formali e lineari, quasi fossero metafore di fenomeni naturali, come acque sgorganti, giochi di forme sospese nell’aere, assurgono a simboli di trasalimenti e di sospensioni emotive. Come la musica, la sua arte non figurativa, pur non fornendo un contenuto riconoscibile, parla di misura, ordine e rigore, di combinazioni modulari, ma ciò non inficia la possibilità di effondere una ricchezza immaginativa che rimanda alla sfera interiore, a stati d’animo affini al mondo impalpabile della poesia. Da sempre, come già accennato, l’arte di Giunta rivela tali interferenze poetiche: non si tratta di semplici illustrazioni di testi, ma di scambi fecondi e di affinità elettive con i poeti, di capacità di trasfigurazione lirica che le sue opere rarefatte, euritmiche ed empatiche posseggono. Le sue composizioni evocano percorsi siderali, vuoti immensi, “sovrumani silenzi”, realtà immateriali, ottenute con l’ausilio di materie aeree e leggerissime, emozioni e visioni suggerite dalla letture di grandi autori, come la Yourcenar, Joyce, Artaud, e benchè la sintassi dell’Artista si articoli su di un tessuto di aniconicità, essa non preclude mai l’immaginazione poetica, l’immersione nei territori della mente dove si creano le emozioni, si suscitano i ricordi.
L’amore per la levità delle forme ha convinto Giunta a proporre nel 2005 a 17 poeti contemporanei (….) la composizione di versi sul tema delle nuvole, da lui fotografate in diversi momenti temporali e con differenti forme e colori. Da questa esperienza sono nate liriche brevi quanto intense, dedicate ad un elemento naturale che da sempre ha affascinato poeti e pittori (pensiamo agli studi e ai dipinti di Jean Costable interamente dedicati alle nuvole!): “Forme riconoscibili, d’umana evidenza fantastica- di compiuta estetica”, recita il compianto Vito Riviello in una splendida immagine lirica dedicata alle nuvole. Quest’ultime colpiscono la fantasia di Giunta e con la sofficità delle forme e dei materiali prescelti egli intende ricreare l’inconsistenza di questa stimolante visione naturale. Chi non ha provato almeno una volta ad immaginare forme conosciute o fantastiche visioni nelle danze delle nuvole; chi non si è lasciato trasportare dal loro perpetuo divenire verso pensieri e suggestioni ripescati dal proprio vissuto?!
Anche nei progetti architettonici e nelle opere scultoree l’Artista mostra la stessa essenzialità lineare e l’approccio ad un delicato dinamismo che è alla base del divenire universale. Come Alexander Calder, egli, pur interessato al carattere costruttivo del segno, ha poi rivolto una maggiore attenzione al gioco sottile dei linee nello spazio. C’è un’esperienza al limite del ludico nell’ideazione ex novo di forme e di oggetti che non esistono se non nel mondo immaginifico dell’artista: Giunta crea con una mentalità simile a quella dei primitivi, i quali, dopo aver tracciato il segno, ad esso attribuiscono un’importanza quasi magica. In origine era il segno: nella sua nuda purezza, esso rivela una sorta di misticismo ancestrale e intrinseco. In anni passati l’Artista, attratto dal pensiero zen, si è occupato anche della casa giapponese, dell’essenzialità delle sue linee architettoniche, dei limpidi giardini, del vuoto e del silenzio degli spazi, insomma, di quello che è stato definito “un nulla che riassume in sé l’Assoluto”. La ricerca dell’assolutezza delle forme riflette un pensiero metafisico che anela alla perfezione, liberata della schiavitù del reale: la purezza originaria si raggiunge, secondo Giunta, grazie ad una calibrata armonia e ad un’estrema libertà compositiva che s’identifica anche con una vigorosa ed aurea semplicitas.
Piccole o grandi che siano, le sue sculture sono strutture “aperte” che si lasciano trapassare dallo spazio e lo includono senza limitarlo; benchè le forme predilette siano rettangoli, quadrati, cerchi, triangoli, tale repertorio geometrico viene interpretato in chiave ritmica e musicale, facendo perdere ogni eccessiva rigidità o rigorismo costruttivo. Dinamici e sottili contrasti simultanei di progressioni ritmiche sollecitano il pensiero e producono un continuum di sensazioni ottiche ed emotive; il linguaggio di Giunta, infatti, veicola un contenuto carico di intensità che scardina i precetti costruttivisti nei quali esso pur affonda le sue radici. Nelle composizioni le sequenze di segni si sommano e si attraggono, la modularità seriale varia gli elementi compositivi nello spazio e si forma una tensione dialettica in cui le linee, come le parole in una lirica, o le note musicali, si ripetono in contesti contraddistinti da sensibili variazioni e scarti minimi, mantenendo sempre l’unitario equilibrio formale.
Nell’ideare i suoi libri d’artista e nelle multiformi opere cartacee, in cui la luce, giocando sui piani modellati a mano, crea ombre e rilievi, incavi e sollevamenti, l’artista romano dimostra sempre di possedere e di mettere a frutto una preziosa manualità d’altissimo valore artigianale, acuitasi nel tempo, che ridà senso e dignità nuova non soltanto all’operazione concettuale, ma anche allo stesso sperimentare. La poetica di Giunta porta in campo tutta la ricchezza di principi visivi e cinetici che intendono lo spazio come un’entità non esterna al sé, ma fusione di quello mentale e di quello reale. L’idea euclidea dello spazio, pensato come contenitore, non esiste più: gli elementi dinamici si articolano e si espandono con una sorta di rallentamento emotivo, suggerito dall’ordinata composizione dei percorsi lineari posti in bilico, ma il campo in cui si attuano questi movimenti è illusionisticamente infinito. Le ripetizioni, le variazioni e le fughe grafiche e di superfici bidimensionali rimandano allusivamente alle molteplici casualità della vita, all’instabilità dell’essere, anche alla continuità dell’esistenza nella diversità delle combinazioni possibili.
I motivi circolari hanno ampio spazio nelle sue opere: è questo un archetipo figurativo che ritorna spesso, circonfuso del suo millenario fascino simbolico; a volta sono cerchi perfetti, quasi antichi scudi maya, modellati con sensibili effetti pittorici; a volte si tratta di combinazioni con altre forme geometriche, oppure sono ellissoidi aperti, da cui potrebbero nascere altre forme. Ognuna di esse è suscettibile di lente e ipotetiche metamorfosi in una concezione di evoluzione perenne: lo studio minuzioso dei materiali, dal legno ai metalli più diversi, la predilezione per quelli più leggeri, come il plexiglass, la carta, la sabbia, l’acqua, finanche l’aria, fanno sì che l’Artista crei opere in cui è la materia stessa soggetto e oggetto dell’opera ed è essa a produrre colore e luminosità, sottili vibrazioni, contrasti e armonie, stasi e movimento. Tutti i sensi vengono coinvolti nelle sue creazioni che si strutturano come ricerche polisensoriali e polimateriche, da cui emerge spesso un erotismo sottile che non si rivela mai troppo scopertamente, come nella affascinante serie di piccoli inchiostri dedicati a “Lettere a Nora” di Joyce. E se è vero che gli inchiostri rimandano a immagini courbetiane (“L’origine du monde”), si deve però sottolineare che l’erotismo presente nelle opere dell’Artista tende alla fusione di sacro e profano, ad evocare sensazioni e atmosfere che si traducono sempre in linee e colori di elegante astrazione segnica.
Giunta predilige il bianco, nelle sue varie tonalità, ma si avvale anche di colori fondamentali, come il rosso: piatti, illuminati da lucentezze e trasparenze, essi si combinano spesso a zone più scure o nere, percorse da piccoli elementi geometrici lineari. Pura ed essenziale, priva di qualsiasi retorica, la sua arte crea spazi cristallini che alludono al respiro dell’assoluto, frammenti di un infinito pittorico in cui i valori delle luci e delle ombre si equiparano a quelli dei colori.
Se desiderassimo tracciare un comune denominatore ai delicatissimi collages, ai fantasiosi libri d’artista, alle sculture in alluminio, alle splendide carte lavorate a mano, ruvide o levigate, modellate come sculture, al fascino magnetico dei suoi bianchi, increspati come superfici di pianeti, potremmo senza tema individuare l’euritmia compositiva quale nota dominante, intesa come proposta di rigenerazione psicologica, capace di sfidare la banalità omologatrice del presente. Con un innato esprit de finesse, Giunta propone una raffinatezza formale, conquistata con applicazione e studio continui, contro sciatteria e cattivo gusto, essenzialità sostanziale contro una inutile complessità, razionalità contro caos, misura contro eccesso.
in Poetica del segno, Galleria Biblioteca Angelica, Roma, a cura di B. Condoleo
Slittamenti_2011
Equilibri che s'infrangono, strutture che scivolano scompaginate da un'energia esterna, ma improvvisamente ricomposte in precari assetti volumetrici, stimolano nel fruitore inconsuete percezioni visive e mentali. Nella recente produzione di Giunta (2007/201O) esiste, a mio avviso, anche una sottile vena ludica che si collega al concetto di gioco, in parte regolato da leggi precise, in parte lasciato al caso: come fossero castelli di carta che, sconvolti da un colpo di vento, crollano per l'inconsistenza degli equilibri, i piani di ferro acidato delle sue opere rivelano un'autonoma capacità di incontrarsi, scontrarsi e ricostituirsi con insospettabile leggerezza, quasi che la durezza della materia non debba interferire con il movimento delle forme. Da sperimentatore infaticabile delle potenzialità della materia, in “Slittamenti” l'Artista utilizza carta lavorata a mano, sabbia, metalli, ma anche materiali poveri di scarto, come lamiere di ferro, appositamente arrugginite: l'opera finita scompagina la sua reale natura,assumendo consistenza ingannevole,esaltando la percezione cromatica, giocando con inediti dinamismi.
Con nuova forza concettuale Giunta rivisita tecniche e materiali esperiti negli anni '80; il motivo della sfera, già presente nelle sculture lignee degli ultimi anni '90,lemma ricorrente nella sua produzione, è sintesi delle esperienze precedenti, ma anche espressione di una rinnovata consapevolezza estetica. Nelle 4 sculture in ferro esposte in mostra, la sfera in ottone bronzato e vetrificato regge un crollo improvviso di materia incidentata dai segni del tempo: in caduta libera, i piani e i volumi acquistano accenti di implicito pathos, suggerito dal trattamento del materiale e dalla stessa forma della sfera che non rappresenta un elemento di stabilità, ma di moto in potenza. Le superfici, siano esse rugose, scabre o diversamente trattate, si fanno modulare dalla luce, la captano, l'assorbono, la diffondono, riempiendosi di energia. Mezzo antico e ancestrale, ma nel contempo materiale che è alla base della moderna società industriale, il ferro ha qui perso il carattere feticistico connesso con la materia bruta, conquistando il fine di plasticizzazione della forma che coinvolge lo spazio e ne è coinvolta. E’ come se, imponendo all'immobilità del ferro la possibilità di accettare un qualsiasi dinamismo, si possa superare un limite pensato come invalicabile.
Priva di contenuti retorici, l'arte di Giunta porta in sé larvatamente i segni dell'esistenza: gli slittamenti delle forme alludono a stati d'indeterminatezza e di passaggio, travalicando il significato meramente strutturale dell'opera. Come dopo un'esplosione, i volumi si dispongono in bilico sulle lucide sfere, aprendosi in contrapposizioni di piani, intersecandosi e scivolando paurosamente, ma infine, come avviene nelle contingenze della vita, essi ritrovano nuovi improbabili equilibri che, pur sfidando le leggi gravitazionali, oppongono al disastro finale una poetica della sospensione, che è anche metafora di inquieta concretezza e di lirica speranza.
in Slittamenti, Presentazione della mostra, Galleria Le Opere, Roma 2011
Salvatore Giunta. "Interferenze di segni e parole"_2013
L’empatia tra un artista, Salvatore Giunta, e un poeta, Roberto Piperno, ha dato vita ad una serie di 10 collage che proiettano in raffinati segni grafici emozioni e pensieri. Parole e segni interferiscono con efficacia dialettica in una mostra in cui Salvatore Giunta, con squisita sensibilità, traspone liberamente sulle carte a mano sensazioni, liriche visioni e turbamenti, tratti dalla lettura della Raccolta “Esseri” di Piperno. Grazie alle qualità tattili e luministiche della materia, la carta sa generare vibrazioni di forme e di spazio, producendo differenti relazioni tonali e percettive; pertanto, sotto le sapienti mani dell’artista, essa si modella e si fa evocatrice, per contiguità psichica, di immagini, ricordi, stati d’animo…
Fermo nella convinzione che le forme naturali siano soltanto l’involucro delle cose e impediscano l’intima comprensione della realtà, Giunta articola la sua pittura in segni e macchie di colore portatrici di risonanze interiori, simili alle percezioni musicali. Un’estetica, la sua, finalizzata a creare un’armonia parallela alla natura che, alla stregua di Malevič, possa ricostruire geometricamente l’apparenza fenomenica risolvendo le immagini in rapporti di spazio-luce-colore. L’Artista gioca su lievi o su forti contrasti cromatici, sull’opacità e sui riflessi, sulla ruvidezza e sulla levigatezza della carta per suggerire atteggiamenti interiori e poetici incantamenti.
Dalla lirica “Fili” nascono linee che si incrociano, divergono, si attraversano sul bianco schermo della vita, con i toni del grigio e del nero, come frecce lanciate verso le infinite possibilità dell’esistenza. Il sentimento della bellezza del creato che sprigiona da “Luoghi”, trasmigra nell’opera di Giunta nei sottili tratti orizzontali che evocano nuvole vaganti, mentre le pratoline, fluttuanti al vento primaverile, assumono sul foglio la forma di gocce argentee danzanti. Essenziale quanto misteriosa l’immagine del deserto, metafora del cammino dell’uomo, desideroso di passioni e di emozioni che il futuro potrà riservargli. I bianchi, coniugati nelle diverse qualità della carta a mano, divengono specchio della monotonia dell’ esistere; l’idea del deserto, infatti, si concretizza in un monocromo collage, le cui variazioni materiche paiono alludere visivamente alle crepe dell’animo, mentre le linee rette suggeriscono l’agognato futuro.
Giunta esprime il proprio universo pittorico attraverso immagini di cristallina purezza; alla base della sua spinta creativa esiste sempre un’operazione intellettuale che cerca i mezzi per carpire il senso profondo del reale e poi li organizza in uno schema rigoroso, in ritmi formali che non escludono il ricorso all’analogia e al simbolo.
Il contrasto netto di nero e bianco, infatti, rende esplicite le contraddizioni della vita in “Color turchino”, dove un nero magma avanza allarmante nello spazio bianco del foglio, mentre dall’alto piove manna e un arco turchino attende una ferma presa!
Momenti più drammatici si manifestano in un collage di carte scure, simili alla “lava” ribollente di cui parla il Poeta, inquietante metafora di paure inconsce; istanti melanconici ed estatici, come accade nella lirica “Luna”, sanno invece tradursi in pure percezioni cromatiche: quattro collage accesi di tinte, allusive a differenti stati d’animo, trasmettono sensazioni impalpabili e visioni d’infinito.
Giunta immagazzina le impressioni e le declina in un tutto omogeneo: i segni s’intrecciano e si dispongono in sofisticati bilanciamenti lineari; le tonalità sommesse e i soffici dosaggi cromatici si configurano, com’è consuetudine dell’Artista, in un’abile orchestrazione di accordi musicali, pentagrammi dell’animo che mantengono inalterata la lirica intensità delle suggestioni poetiche.
I due momenti artistici, dunque, disegno e poesia, interagiscono e si integrano a vicenda: i palpitanti versi di Roberto Piperno acquistano forma tangibile nella dimensione fantastica dell’artista. Nel contempo le essenziali ed eleganti grafie di Salvatore Giunta si impregnano di emotività e, grazie alla limpida astrazione del linguaggio figurativo, conquistano una realtà tutta spirituale, animata da una sottile tensione esistenziale.
in Interferenze di segni e parole, Biblioteca Rispoli, Roma, 2013, a cura di B. Condoleo
Salvatore Giunta_2015
Le opere di Salvatore Giunta sono il frutto di una realtà svincolata dal contingente, caratterizzata da una melodia segnica che l’Artista rende tangibile nelle linee fluttuanti nello spazio, nelle sfere in caduta frenata, nelle forme che s’intrecciano in un poetico silenzio. Nei suoi lavori, sia pittorici che plastici, gli elementi dinamici si articolano e si espandono con un inedito rallentamento cinetico, suggerito da percorsi spaziali spesso in bilico, ma alla ricerca di un necessario equilibrio. Lo studio minuzioso dei materiali usati, dal legno ai metalli più diversi, e la predilezione per quelli più leggeri, come il plexiglass, la carta, la sabbia, l’acqua, fanno sì che la materia, soggetto e oggetto della creazione, sia essa stessa capace di produrre contrasti e armonie, colore e luminosità, stasi e movimento. Il gusto per le aeree traiettorie lineari ha fatto sì che dalle sue opere si disperdesse tutto ciò che “pesa” e lega alla fisicità, impedendo il volo delle forme nell’infinito. Dai delicati collages ai fantasiosi libri d’artista, dalle carte a mano ai polimaterici, comune denominatore dei lavori di Giunta è senza dubbio il bisogno di un’estrema sintesi formale e contenutistica che traduca il pensiero dell’Artista sull’esistenza di un ordine sotteso alla natura, di una musicalità intrinseca alle cose e custodita nella profondità della mente. Il messaggio che trapela è dunque l’elogio della leggerezza e del movimento, che, come quello di un uccello, sia continuo e consapevole. La sua proposta artistica di rigorosa essenzialità compositiva diviene anche metafora di rigenerazione psicologica con cui sfidare la banalità omologatrice del mondo contemporaneo e la percezione caotica della realtà.
in http://www.arsetfuror.com/r5Autoritratti27.htm
La dialettica delle ombre_2019
Fin dall’inizio del percorso artistico Salvatore Giunta ha mostrato particolare interesse per le ombre, per quella tecnica pittorica che indaga un aspetto della contingenza che l’occhio percepisce e che il pensiero è capace di rielaborare. Le ombre sono una realtà in continuo divenire che svela e al contempo nasconde, lasciando vagare la mente nei meandri della memoria attraverso infinite suggestioni di inedite realtà. Utilizzando materiali diversi, come cartone, tele, banner e valorizzando le loro qualità tattili e luministiche, Giunta traccia le linee del suo universo geometrico che, grazie alle ombre, si libera dell’immobilità acquisendo dinamismi che amplificano lo spazio e suggeriscono forme “altre”, ammantate spesso da significati allusivi o pervase da affascinanti ambiguità percettive.
Nel sorprendente video “Tagli d’ombra”, presente in mostra assieme alle 10 opere realizzate nel 2019 con tecniche miste e acrilici, l’Artista riesce a restituire l’interazione dinamica, a volte stupefacente, di luce e ombra che sovrapponendosi e modellandosi reciprocamente, aprono squarci di imprevedibili prospettive, illudono e attraggono offrendo stimoli cognitivi ed emotivi sempre rinnovabili. Le ombre, come sanno bene i creatori delle ombre cinesi, evocano a tal punto la realtà da divenire loro stesse materia modellabile, capace di assumere un’autonomia espressiva. L’ombra che Giunta dipinge con la consueta raffinatezza pittorica non è quella plastica di Masaccio, né la tenebrosa di Tintoretto o la drammatica di Caravaggio, ma somiglia concettualmente all’ evanescenza dello sfumato leonardesco, poiché traduce sensazioni impalpabili e visioni d’infinito. Il motivo su cui da sempre egli ha elaborato la propria estetica è il rapporto forma-spazio-luce, nel cui ambito il significato dell’ombra si rivela importante, non soltanto come elemento dinamizzante, ma anche come sottile metafora del divenire della natura e delle percezioni visive. Grazie all’azione delle ombre l’attenta orchestrazione di forme e di eleganti grafie, tipica del suo linguaggio, s’ impregna di controllata emotività; nell’arte di Giunta l’ombra riesce a scompaginare la mera realtà fisica, facendo emergere consistenze ingannevoli: essa è una presenza-assenza che permette alla forma di liberare l’ implicita sostanza immaginifica.
Alla base dell’ universo creativo del pittore, scultore, grafico e scenografo, sempre permane un’operazione intellettuale che intende captare il senso più pregnante dell’ oggettività, organizzata in ritmi formali che tuttavia non escludano il ricorso all’analogia e al simbolo. Pertanto l’ombra, con il portato di mistero e di alterità che l’accompagna, gioca un ruolo significativo nel mondo di Giunta, provocando risonanze interiori, facendosi evocatrice di stati d’animo fuggevoli e generatrice di tensione spirituale.
Se è indubbio che l’utilizzo della tecnica delle ombre sia una consapevole conquista della storia moderna, sviluppatasi nell’arte contemporanea a livello strutturale, è pur vero che la civiltà romana ne ha precocemente intuito il valore e la funzione. Illuminante a tale proposito l’opinione espressa da Plinio il Giovane nelle “Lettere ai famigliari” (fine del I° secolo d.C.), dove, in un paragone con le caratteristiche dell’arte oratoria, così l’autore recita: “…ut in pictura lumen non alia res magis quam umbra commendat, ita …” (come in pittura nulla giova più alla luce quanto l’ombra, così….). E’ dal contrasto che nasce l’apparenza delle cose e si evidenzia la diversità; senza l’ombra la luce non esisterebbe e dunque nell’essere complementari risiede la forza di entrambe, perché né l’una né l’altra avrebbero vita senza il loro opposto. L’elegante e lirica astrazione formale, propria del suo stilema, non impedisce a Salvatore Giunta di inoltrarsi agevolmente nel magico mondo delle ombre che l’Artista sa esplorare avvalendosi di soffici dosaggi cromatici e di tonalità sommesse, capaci di rendere sempre nuova e accattivante la dialettica della visione.
in La dialettica delle ombre, Prentazione della mostra, Studio Gennai Arte Contemporanea, Pisa, a cura di B. Condoleo