SALVATORE GIUNTA ARTE

Bruno Aller

Al buio della gaia scienza

 

2018

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Sono anni che conosco Salvatore Giunta e nel tempo ho avuto modo di leggere diversi testi sul suo lavoro. Tra gli scritti critici mi sono rimaste impresse le parole del fraterno amico Mario Lunetta, complessa figura di intellettuale ed impareggiabile poeta, critico tagliente capace di “leggere” le opere come pochi, pochissimi possono o sanno fare; quindi pur sapendo della completezza del già detto e scritto da molti, tento ora una mia breve interpretazione di ciò che muove il lavoro di Salvatore e di come il suo linguaggio trova o può trovare il senso d’esserci in questo periodo storico.

Per inciso, mi limiterò alla serie di opere esposte nella Galleria “Arte e Pensieri” pur tenendo presente il lavoro nella sua completezza.

È tempo ormai che stazioniamo in un vacuo minuetto balbuziente (quando va bene) e questo lo intendo non solo in arte; stiamo vivendo “al buio della gaia scienza” immersi nel più complesso e “semplificato” dei sistemi economico-politico-sociale che la storia ricordi, anche per l’invasione rinnovata dei nuovi mezzi di comunicazione governati in tandem dalla fabbrica dei “fabbricatori di tristezza” (operatori di mercato), agenti di questo post-modernismo declinato in liquida forma, killer senza corpi, attivi per un pensiero da liquidare, ed è proprio all’interno di questo paesaggio mortaccino dove il tutto è svuotato di senso ma fatturato come arte, tradotto come fumetto per nuovi ebeti-analfabeti, tra moltiplicate false rivoluzioni, all’insegna dell’asfodelo come fiore vessillo da post-capitale in cui si gareggia al ribasso e si moltiplicano le offerte, le possibilità “democratiche”da smerciare, fino alla desertificazione stessa del pensiero, all’asfissia fino all’assenza dell’arte stessa per sostituirla con una crisalide e trasmutarla in prodotto d’arte. Siamo circondati da tutto questo e c’è veramente poco da contemplare in tale paesaggio, ci vuole forza e molta fermezza intellettuale e Salvatore con il suo rigore sa comunque come tirare dritto, come affrontare e non esserne risucchiati, ci mostra un lavoro così denso ed impegnato nella sua coraggiosa e allo stesso tempo prudente “azione” scegliendo l’arte come luogo della forma, del pensiero.

In questi bozzetti, in questi studi, comprese le sculture delle raffinate maquette ci riconferma quanto il suo pensiero ancora una volta sia davvero solido e non si nasconda assolutamente dietro vagheggiamenti più o meno ironici. I suoi mirati lavori formano, ricreano semmai, un potente “gioioso ponte”. Reinventa un paesaggio che viene da lontano, da quel costruttivismo nato dal pensiero davvero rivoluzionario che per più di dieci anni nel secolo scorso è convissuto e coinciso con la più importante rivoluzione dell’ occidente. Questa orgogliosa scelta di campo di Salvatore che pesca dalla “migliore tradizione” dell’avanguardia tra le lezioni di El Lissitzky e Malevich mai definitamente digerite né riciclate o permutate in merce fino in fondo dal sistema dei “fabbricatori di tristezza”. Giunta ne rinnova con nitore tutta la valenza ancora per certi versi “rivoluzionaria” o quantomeno una carica espressiva ancora non esaurita, non consumata appunto, e nelle forme chiare tra piani convergenti, tra tangenti spaziali e spiazzanti assi e sfere la materia si fa tattile, vibrante, che sia carta ferro legno con levità ridisegna il pensiero, tra monocromi che profumano d’oriente.

Dipana sul campo armonie e contrappunti con sapienti composizioni (in questo è maestro) ma è nell’equilibrio che punta il suo e il nostro sguardo. Impone, ci impone, uno sguardo che è non soltanto il vedere, ma bensì un modo attivo di pensare dalla superficie (campo) alla tridimensionalità (spazio).

Queste pagine di Giunta, nel loro ritmo formale, nelle loro sospensioni o pause fatte di bianchi silenzi e tangibili note di nero avorio ci “parlano” di poesia, e l’equilibrio cercato quale gradiente dinamico, ma fenomenologicamente inattivo di fatto mirabilmente nella combinazione strutturale, è reso vivo, innervandosi come pensiero in potenza dimostrabile, sia sui piani di superficie che nell’ambito spaziale. Tra i pazienti bianchi, anche se raffinatamente “martellati”, si ergono dinamiche acute e laceranti forme, il tutto mosso da un processo che muove dall’interno (soggetto) verso la moltitudine.

Sono grato a Salvatore amico e compagno di strada che nonostante tutto scommette nell’astrazione, che sceglie il linguaggio e ci consegna il suo lavoro perché l’arte possa essere e divenire-mondo.

 

in Al  buio della gaia scienza, Prentazione della mostra, Arte e pensieri, Roma, 2018, a cura di B. Aller  

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